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In memoria del magistrato Giovanni Falcone, nel trentesimo anniversario della strage di Capaci

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E’ difficile trovare le parole giuste per onorare adeguatamente la memoria del giudice Giovanni Falcone, trent’anni dopo la strage di Capaci. Troppo immane la tragedia e troppo sconfortante ciò che ne è seguito: una storia che talvolta sembra aver dimenticato troppo presto la rabbia e il disgusto di quei giorni.  Per questo prendiamo in prestito le parole pronunciate in memoria di Giovanni Falcone dal suo collega e fraterno amico Paolo Borsellino: “La sua vita è stata un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra che l’ha generato. Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria cui appartiene. […] La lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. […] Sono morti per tutti noi, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera”.

La speranza è che queste parole siano di ispirazione anche per le giovani generazioni, perché si lascino trasportare e si impegnino con animo lindo ed intransigente a rendere più reale quell’utopia di giustizia e legalità, onestà e moralità che forse noi non siamo riusciti a perseguire con la necessaria determinazione.

L’Assessorato alla Cultura

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